A Camigliatello, nel cuore della Sila, una delle più alte espressioni della gastronomia calabrese. A gestione familiare, è un racconto culinario della regione, tra funghi, carne e praline di cioccolato di produzione proprie.
L’estate è forse il momento migliore per una gita in Sila. Ideale rifugio nelle giornate più calde, quando la brezza delle coste calabresi non è sufficiente a dare ristoro, ti accoglie con il verde abbraccio della natura. A darti il benvenuto sono i Giganti, gli altissimi pini larici che da secoli sono custodi di questo spettacolo che, dal 1997, costituisce il Parco Nazionale della Sila. Arrivato a Camigliatello Silano, seguo le indicazioni per il lago di Cecita, sulle cui rive lascio scorrazzare per un po’ i ragazzi. Ma l’aria di montagna, si sa, mette fame e così ci presentiamo puntualissimi alla Tavernetta, una delle migliori tavole della regione.
L’accoglienza è eccellente,
visto che veniamo subito invitati in cantina. Alle pareti centinaia di bottiglie, un piccolo caveau ospita le etichette più prestigiose. È il momento dell’aperitivo: un calice di vino, un fantastico prosciutto tagliato a mano, un salame a punta di coltello, una fetta di pane ricavata da una pagnotta gigante. Poi ci si siede a tavola, dove un piatto alla volta si capisce che la definizione di “cucina di territorio” per una volta non è abusata. E il territorio, in questo caso, è davvero ricchissimo: pascoli dove gli animali crescono in libertà, funghi di tutti i tipi, erbe spontanee.
In cucina il giovanissimo Emanuele Lecce ha ormai preso il posto di Pietro, suo padre, che oggi si divide tra fornelli e sala, dove lo affianca Denise. Pietro è anche un esperto micologo: seleziona personalmente i funghi, ne conosce i pregi e li sa esaltare con la tecnica di cottura più appropriata. Così i marzaioli diventano insuperabili se cotti al vapore e conditi con un filo di un grande olio locale, i porcini sono protagonisti di una zuppetta profumatissima, gli ovuli fantastici nella semplicità del carpaccio. I boschi silani regalano anche il tartufo, protagonista di un poco meridionale spaghetto con burro e nocciole. A proposito di piatti “nordici”, tecnica d’alta scuola per il risotto con spugnole e asparagi selvatici.
Tra i secondi sono le carni a farla da padrone. Provate il capretto cotto nel tegame di rame, che viene usato anche come piatto, scatenando quell’irresistibile tentazione che, al momento della scarpetta, accomuna grandi e piccini. Lasciate un po’ di spazio per le verdure: capirete che ne è valsa la pena quando le assaggeranno i vostri figli e, invece di fare le consuete smorfie di disgusto, passeranno alla forchettata successiva. Anche qui è la tecnica di cottura, una tostatura a secco che solo nella fase finale prevede l’aggiunta dei condimenti, a fare la differenza. Al momento del dessert, morbido alla liquirizia, gelato al miele di fichi, crema di ricotta. Prima di andarvene, ultima coccola golosa con i cioccolatini della casa, oggetto di continui studi e miglioramenti. Tra i nostri assaggi preferiti, le praline al pino, quelle al vino e quelle all’extravergine e bergamotto.
Arriva il momento di alzarsi e, puntuale, arriva la domanda: “Papà, ma non possiamo tornare domani?”. Come no, volendo si può pure restare a dormire, questo è anche un albergo.